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Giovanni ContiniLa Resistenza a Firenze tra celebrazione e attualizzazione politica Negli ultimi anni il tema della memoria ha preso sempre più campo negli studi sulla storia politica recente1. Si sono infatti messe in evidenza le trasfor-mazioni che la memoria di eventi particolarmente significativi subisce di anno in anno, di decennio in decennio, afferrata dal discorso politico nel suo progres-sivo mutare. Così la memoria stessa finisce per diventare oggetto storiografico, perché il modo attraverso il quale si parla di quegli eventi, e li si descrive da par-te della stampa, fornisce allo storico importanti informazioni indirette su come vada mutando non solo il discorso politico alto, quello della proposta generale, ma, direi, la sensibilità sociale per la politica, il ruolo insomma dei suoi temi nel gioco della sociabilità e della vita quotidiana.Questo approccio tra lo storiografico e l'antropologico è presente negli im- portanti saggi di Maurizio Ridolfi, Fabio Dei, Alessandro Simonicca e Claudio Rosati2 sulle celebrazioni del 25 aprile 1945, analizzato soprattutto da un punto di vista antropologico, e nel lavoro di Filippo Focardi3 che ha studiato la ‘guerra della memoria' che sulla Resistenza si è combattuta nel corso dei decenni postbel-lici; più recentemente anche Roberto Chiarini4 si è occupato delle variazioni della memoria della RSI nel cangiante contesto delle fasi politiche del dopoguerra. Molte considerazioni avanzate dagli autori appena ricordati coincidono con quanto osservo in questo saggio. In particolare anche dalla mia ricerca emerge la continua osmosi, nelle celebrazioni, tra i temi della Resistenza e quanto la vicenda politica veniva via via proponendo5; l'importanza predominante delle amministrazioni locali nell'organizzare le celebrazioni6; la forza dell'‘ethos della morte' nel corso delle prime ricorrenze7 e il ‘congelamento' e l'inaridirsi delle manifestazioni nel corso degli anni Cinquanta8; la nuova legittimazione delle ce-lebrazioni durante gli anni del centro-sinistra, ma anche un certo appiattimento della Resistenza e dei suoi morti, che in quel periodo tendono ad essere assimilati ai caduti di tutte le guerre combattute dall'Italia, dal Risorgimento alla prima guerra mondiale9.
Rispetto ai saggi di taglio antropologico sopra ricordati, questa ricerca, con- dotta soprattutto a partire dai resoconti della stampa nazionale e locale, è più attenta alla cronologia e meno concentrata sulle immagini e sulla loro decifrazio-ne. Il periodo che ho preso in considerazione è quello che, partendo dagli anni Annali di Storia di Firenze, V (2010): <http://www.dssg.unifi.it/SDF/annali/annali2010.htm> immediatamente successivi alla fine della guerra, arriva al 1978, l'anno del rapi-mento Moro, spartiacque che segna la fine di un tempo caratterizzato dall'impe-gno politico di massa, aperto proprio dall'esperienza della Resistenza.
La Resistenza è nata ovunque in strettissima correlazione alla storia locale immediatamente precedente; così la particolare fisionomia di una città o di una regione si trasferisce nel carattere particolare che la guerra di liberazione ha as-sunto localmente. Questo vale anche, ma direi soprattutto, per Firenze. Non c'è dubbio infatti che la particolare storia culturale della città spieghi il carattere della Resistenza degli intellettuali e la forza particolare che ebbe qui il Partito d'Azione; d'altra parte la tradizione dell'antifascismo popolare e operaio confluisce nella Resistenza comunista e ne plasma i connotati. Nel momento della lotta aperta queste due componenti genetiche si affiancano senza molte sovrapposizioni (ma con non poche contrapposizioni), risultato di due storie che, prima, non avevano avuto molti punti di contatto. Questa distanza è tipica della Resistenza a Firenze, nel senso che è tipica del suo rapporto con la storia della città.
Anche le biografie dei resistenti sono fortemente legate alla storia locale. Si pensi, esempio particolarmente emblematico, ad Aligi Barducci, il leggendario comandante garibaldino «Potente» ed alla sua giovinezza di piccolo impiegato nel settore commerciale, al suo appassionato epistolario con gli amici con i qua-li condivideva la passione per l'arte e le scoperte intellettuali da autodidatta10; oppure, spostandoci leggermente dal centro storico fiorentino in un paese im-mediatamente periferico, si consideri la figura di Lanciotto Ballerini, così legato nella sua biografia alla Campi popolana, vero working class hero ancora oggi circondato da un alone mitico e leggendario che ne fa quasi un santo laico11. La parentela tra Firenze e la sua guerra di liberazione, presente nei tratti di- stintivi di movimenti e singoli personaggi, è evidente anche in particolari minuti: il segnale dell'insurrezione (la prima insurrezione in una grande città) è dato dalla «Martinella», la campana che nel medioevo suonava all'inizio e alla fine delle guerre e che nel corso dell'età moderna sarebbe diventata il simbolo della riscossa popolare contro la tirannia: dopo l'assedio del 1530 il duca Alessandro la fece calare e ridurre in pezzi sulla piazza «acciocché non potessimo sentir più il dolce suono della liber-tà»12. Ma si pensi anche ai ponti di Firenze, e in particolare al Ponte Vecchio e alla Galleria Vasariana, unico varco per alleati e partigiani durante i giorni dell'insurre-zione, ma anche punto di contatto tra la Firenze città d'arte e la Firenze partigiana.
Data la stretta relazione tra Resistenza e storia cittadina (a Firenze viene conferita la medaglia d'oro al valor militare) si potrebbe pensare che nel di-scorso pubblico di commemorazione i riferimenti alla città e alle sue peculiarità fossero frequenti ed insistiti. Però così non è: tranne eccezioni abbastanza rare, infatti, la commemorazione della Resistenza fiorentina diventa luogo di ripercus-sione della vicenda politica nazionale, così che la particolare fisionomia di quella Celebrazione della resistenza a Firenze Resistenza in quella determinata città resta quasi sempre sullo sfondo, mentre il ricordo della guerra di liberazione diventa occasione, per non dire pretesto, per prese di posizione nella vicenda politica immediata.
Insomma: anche a Firenze la celebrazione appare come un barometro sen- sibilissimo ai più minuti spostamenti di potere nel sistema politico che vengono metaforizzati in una rappresentazione sempre cangiante, così che la Resistenza si trasforma nel contenitore simbolicamente forte di un linguaggio politico sempre in mutazione.
Questo fenomeno cercherò di documentarlo nelle pagine che seguono, ri- percorrendo la cronologia delle celebrazioni, che a Firenze cadono in due date topiche: oltre al 25 aprile, giorno della liberazione nazionale, viene infatti cele-brato l'11 agosto, giorno dell'insurrezione partigiana. Ho scelto di privilegiare gli anni che furono particolarmente significativi dal punto di vista del dibattito politico proprio perché l'assenza di innesti delle tensioni politiche nel discorso celebrativo fa degli anni più tranquilli quelli nei quali il discorso pubblico si fa più ridotto e grigio, e la memoria della Resistenza sembra svanire.
Le prime celebrazioni Sul numero de «La Nazione del Popolo» del 26 aprile 1946 l'articolista che riporta la cronaca del primo anniversario del 25 aprile quasi si stupisce del suc-cesso della manifestazione: siamo in quella tipica situazione in cui un passato molto importante è, però, ancora percepito come presente; non ci si rende conto che siamo già arrivati a ricordare, tanto meno che si tratta di celebrare: Dopo più di venti mesi dalla liberazione della nostra città, dopo un anno dalla gloriosa insurrezione dell'Italia, si sarebbe forse potuto credere che le manife- stazioni anniversarie di ieri sarebbero state senza commozione, senza interes- se. Invece la folla che è intervenuta in piazza della Signoria e al Giardino dei Semplici, e soprattutto lo svolgimento della cerimonia, tutto quello che in essa è stato ricordato, hanno mostrato chiaramente che vi sono delle date indimen- ticabili, che vi sono dei sacrifici senza tramonto. In Piazza della Signoria erano presenti tutte le autorità13.
La concretezza della Resistenza fiorentina, in questa prima celebrazione, è presente nei discorsi con l'insistito riferimento all'eccezionalità di Firenze, prima città insorta; e nei nomi di protagonisti della Resistenza che coincidono spesso con gli oratori o che vengono ricordati come eroi caduti: nel '46, per esempio, parla Max Boris, presidente del CTLN; poi si consegnano medaglie d'oro «alle ma-dri e alle spose di Lanciotto Ballerini, Vittorio Barbieri, Marcello Garosi e Luigi Morandi, e la medaglia d'argento a Luciano Casadei della divisione Garibaldi».
Anche i luoghi sono carichi di ricordi dolorosi e recenti ed il corteo si svolge lungo un itinerario che li tocca tutti, per concludersi nel ‘luogo della memoria' fondamentale, il giardino dei Semplici, primo improvvisato cimitero partigiano. È ancora vibrante la memoria di quando «non c'erano più lettighe né bare: i morti si seppellivano alla rinfusa, nelle grandi fosse del giardino dei Semplici, tra le aiuole in fiore»14. Quattro mesi dopo, per il secondo anniversario dell'insurrezione di Firenze, Gaetano Pieraccini, il «sindaco della Liberazione», inizia a distaccarsi dallo stile della celebrazione d'aprile: si allontana il riferimento ad una memoria ancora fresca, condivisa da oratore e pubblico. Si inizia ad utilizzare la ricorrenza per parlare non del passato, e neppure di Firenze in particolare, ma di problemi che riguardano gli argomenti del dibattito politico generale in corso tra partiti che ancora erano insieme al governo, ma già si trovavano su posizioni differenzia-te. Si comincia, cioè, a fare della ricorrenza della Resistenza un momento per denunciare obiettivi politici e sociali ancora da raggiungere («Oggi una piena libertà non è dagli italiani raggiunta, finché non saremo affrancati dalla povertà materiale e dall'ancor più dolorosa deficienza morale non vivremo in regime di libertà»15), oppure pericolosi segni di involuzione e di crisi dell'antifascismo. «L'Unità» dell'11 agosto, ad esempio, protesta contro il giornale cattolico «L'Osservatore toscano», accusato di condurre una «violenta battaglia contro i combattenti garibaldini che lottarono per la libertà del popolo spagnolo»: […] in un corsivo apparso su quel giornale si fa il confronto tra il figlio di Lord Amery, che gli inglesi hanno condannato a morte per tradimento, e gli antifasci- sti che combatterono per la libertà d'Italia. Per il giornale cattolico gli antifasci- sti dovrebbero subire la stessa sorte. In un altro articolo di quel lurido libello i comunisti sono accusati di tradimento e di essersi venduti allo straniero16.
Celebrazioni e guerra fredda Ma è con la guerra fredda che la metamorfosi nella memoria ufficiale della Resistenza si compie definitivamente. Dopo la spaccatura del fronte antifascista, infatti, da un lato la celebrazione si scinde, dall'altro lato finisce sempre più per essere un rito che solo una delle due parti insiste a continuare. Infine, nonostan-te il pressante appello all'unità dell'esperienza resistenziale, proprio il contesto spaccato della vita politica moltiplica le recriminazioni a chi ha abbandonato quel suolo comune, e spinge i discorsi di celebrazione ad appropriarsi delle pole-miche politiche del giorno. Come risultato assistiamo ad una progressiva crescita del peso del PCI all'interno delle celebrazioni perché la Resistenza antifascista garantisce la posizione del partito nel contesto politico, e permette di opporsi ai tentativi di marginalizzazione delle sinistre da parte della DC. Quest'ultima, Celebrazione della resistenza a Firenze d'altra parte, riduce la sua partecipazione alle celebrazioni anche per attrar-re nell'orbita del partito gli ex fascisti e più in generale tutti coloro che nella Resistenza avevano visto una minaccia alla stabilità politica e sociale.
Nell'aprile del 1948, politicamente torrido, quando dopo l'estromissione di PCI e PSI dal governo l'anno precedente è in corso la lotta elettorale più decisiva della storia repubblicana nel Novecento, il governo democristiano proibisce la commemorazione nella sua forma tradizionale: il ministro dell'interno democri-stiano Mario Scelba, dato che la ricorrenza cadeva in periodo elettorale, impe-disce manifestazioni all'aperto. Così la giornata del 25 aprile vede due distinte commemorazioni: i democristiani e i loro alleati riuniti in un teatro cittadino; le sinistre nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio. «Anche il patriottismo la D.C. vuole monopolizzare», scrive «L'Avanti!», «La celebrazione della vittoria non è consentita a tutti a Firenze. Il partito clerical-fascista vuole commemorare per suo uso e consumo la festa della liberazione. Ogni pubblica manifestazione proibita»17.
Nel resoconto della manifestazione affiorano tracce della memoria recente (il Salone dei Cinquecento appariva «gremito di partigiani, volti noti e cari a tut-ta la cittadinanza»), ma è chiaro come anche nella memoria sia penetrata la po-lemica durissima del presente, che del resto costruisce la trama di ogni discorso: I partigiani cantavano e ognuno in cuor suo riandava al tempo in cui tutti, anche i sostenitori del servilismo democristiano, salutavano per le vie delle città italia- ne i rossi fazzoletti, i volti bruni e segnati dalla sofferenza della migliore gioventù italiana e le armi liberatrici dei partigiani [.]18.
In piazza non si parla, ma si sfila dopo le commemorazioni. Dopo la ma- nifestazione nel Salone dei Cinquecento, riferisce «La Nazione» non più «del popolo» ma «italiana»19, tre cortei «hanno percorso le vie cittadine recandosi a deporre corone […]. I cortei, che si sono svolti nonostante la proibizione delle autorità non hanno dato luogo a nessun incidente»20. In agosto le elezioni si sono già svolte. Dopo la sconfitta, il sindaco comuni- sta Fabiani inaugura un nuovo modo di proporre la memoria resistenziale come epopea unitaria, dalla quale alcuni (la DC e le forze governative) si sono allonta-nati. Il Comune ‘lancia' infatti ai cittadini, prima delle celebrazioni, un manife-stino molto unitario, che ripercorre la storia della Resistenza di Firenze, ricorda il ruolo della liberazione autonoma della città, che avveniva per la prima volta nella storia della Resistenza e continua: […] poi non tutti seppero mantenersi fedeli al patto di rinnovamento politico e sociale che avrebbe dovuto mantenerci uniti per concludere la lunga, dura battaglia per una società migliore, e le recenti lotte economiche e politiche han- no trovato molti combattenti della liberazione su opposte sponde. Ma in tutti è rimasto l'orgoglio di aver condotto fianco a fianco la battaglia della liberà, dell'indipendenza e della democrazia […]21.
La cerimonia segue le modalità e il tracciato ormai consueto22; notevole il fatto che partecipino anche reparti dell'esercito, dell'Aviazione, dell'Arma dei Carabinieri; ancor più notevole che Fabiani rivendichi ai partigiani e ai soldati un gran merito nella liberazione d'Italia, terminando però col dire: «accanto all'eser-cito partigiani liberi ed indipendenti sapranno difendersi dal ritorno del fascismo». I riferimenti più diretti alla Resistenza fiorentina li troviamo, la sera, nell'inter- vento di Arrigo Boldrini, «Bulow»23: «La camicia rossa del vecchio Risorgimento è tornata in questo nuovo risorgimento d'Italia: ve l'hanno fatto (sic) tornare i Potente, il quale prima di morire disse ai suoi compagni: "Toglietemi questa camicia rossa e fatele attraversare l'Arno, portatrice di vittoria"»24.
La Pira: un discorso pubblico di celebrazione che si impernia sul ruolo di Firenze nella Resistenza? Negli anni successivi i tentativi governativi di ostacolare le celebrazioni si ripetono: nell'aprile del '53 in un primo momento il questore proibisce corteo e comizio, ma dal momento che siamo in periodo elettorale dalle sinistre viene escogitato un escamotage: ci sarà un comizio, che non può essere proibito, e parlerà Secchia, che oltre ad essere uno dei massimi dirigenti comunisti è stato dirigente del CLN Alta Italia25. Poi anche la manifestazione e il corteo vengo-no autorizzati26, anche se, a fianco della manifestazione dell'opposizione poli-tica, un'altra manifestazione separata viene indetta: non dalla giunta comunale guidata da La Pira, ma dal comando militare territoriale, che fa celebrare una messa in Santa Croce27.
La Pira28, in questa occasione, si comporta in modo assai interessante: come aveva fatto l'anno precedente non scende direttamente in piazza («Il labaro del comune con appuntata la Medaglia d'Oro conquistata a Firenze dal valore eroi-co dei suoi combattenti ha invece disertato la cerimonia commemorativa. Era infatti stato portato alla inaugurazione della Mostra dell'Artigianato»29). Tuttavia partecipa alla celebrazione della Resistenza alle officine Galileo, e qui tranquil-lizza gli operai che temono di subire conseguenze dalle difficoltà produttive dell'azienda. Dal momento che la Galileo è una roccaforte oltre che della classe opera- ia fiorentina anche e soprattutto del Partito comunista, questa visita assume il significato di un'adesione forte e politicamente qualificata alla Resistenza; inol-tre essa anticipa il tentativo lapiriano di radicare la Resistenza nella storia della Celebrazione della resistenza a Firenze città30. Infine il sindaco, se pure non ha partecipato alla manifestazione con il labaro, ha fatto tuttavia imbandierare di tricolori Palazzo Vecchio31.
Finalmente, in agosto, il sindaco democristiano partecipa direttamente alle celebrazioni. Oltre alla partecipazione diretta («L'Unità» pubblica una foto del gonfalone che arriva nel luogo della celebrazione32) il Comune dispone «l'infiora-mento della lapide in memoria dei caduti della liberazione posta nel cortile d'o-nore del Palazzo Vecchio, nonché delle lapidi di via Gondi e di via Condotta». Inoltre vengono deposte «corone di fiori presso i diversi cimiteri ove riposano le salme dei partigiani», viene fatta dire una messa in suffragio, si suonano le cam-pane dalla Torre d'Arnolfo, e si illumina a fiaccole Palazzo Vecchio, infine viene organizzato un concerto sinfonico 33. La Pira introduce la manifestazione34, ma il discorso più importante lo tiene Greppi, il famoso sindaco di Milano dopo la Liberazione, che ricorda: «Ci sentimmo tutti fiorentini, l'11 agosto del 1944»35. Ma sarà due anni dopo, in occasione del decennale della Liberazione, che La Pira interviene durante le celebrazioni inserendo la Resistenza nella sua partico-lare visione politica, e facendo quindi di Firenze e della sua storia un referente continuo della lotta di liberazione. Inizia, il 24 aprile, col celebrare la Resistenza presso le Officine Galileo36, ed ho già detto del particolare significato di questa fabbrica, che rappresenta contemporaneamente la sinistra cittadina e una parti-colare configurazione della condizione operaia. Il giorno successivo inizia il suo discorso sottolineando due ragioni che fan- no di Firenze una città particolarmente qualificata a celebrare l'anniversario: La prima è la più immediata ed è offerta dal nostro gonfalone che è insignito della Medaglia d'Oro, documento di un valore infinito ancora attestato dalla situazione della città (Oltrarno, i ponti distrutti ancora da ricostruire, le ferite non rimarginate); la seconda è più lontana e consiste nello spirito del popolo fiorentino, nella sua capacità di ribellarsi alla tirannia e davanti a noi sorge la figura lontana nel tempo, ma vicina nello spirito di Francesco Ferrucci. Firenze è sempre stata la città della Resistenza, Resistenza come Firenze la vede e la in- terpreta che è stata la rivolta ideale, politica, culturale e militare delle coscienze oppresse contro l'oppressione della tirannia. Nella storia umana esistono questi tipi di rivolta […] si tratta della rivolta di cui parlano gli scrittori greci contro le leggi inique, di Giuditta per salvare il popolo dall'oppressione di Oloferne e la rivolta dei Comuni medievali contro i tiranni conquistatori di Firenze, di Firenze contro la tirannia dei Medici e la rivolta del popolo per la difesa della persona umana per la libertà delle coscienze. La Resistenza non è nata nel 1945 ma molto prima, appena le coscienze più delicate di Firenze e dell'Italia avvertirono che la legge e la Storia erano violate. Creature di ogni tipo e di ogni classe si unirono attorno ad un nucleo essenziale: la difesa della persona e della dignità umana per la libertà nella giustizia, nella fraternità, nell'amore per ridare all'Italia un nuovo ordine.
Firenze che ha questa storia di libertà e di rivolta, che ha questa capacità creativa […] ricorda oggi questi valori come base della storia futura. Noi siamo certi che nonostante tutte le resistenze e le difficoltà la nuova società si profila al nostro sguardo. Tutte le forze debbono riconoscersi e ricostruirsi perché in tutte le città del mondo spunti questa nuova alba in cui la creatura umana sarà al sommo, rispettata nei suoi valori di libertà e di pace perché su tutto il popolo spunti la gioia e la luce della pace, della fraternità e del bene37.
Come si vede, si tratta di una variazione del rapporto ormai stabilito tra la Resistenza fiorentina e la vicenda politica generale e presente. Se normal-mente la celebrazione era diventata pretesto per parlare dei problemi politici contingenti, particolari e generali, nel discorso di La Pira si cerca invece di sottolineare al massimo grado la fiorentinità di quell'esperienza, ricordando Francesco Ferrucci. Nello stesso tempo, però, si fa della Resistenza un mo-mento fondamentalmente morale, piuttosto che politico: non si ricorda l'in-surrezione partigiana, ma le sofferenze inflitte alla città; poi la si apprezza per la scelta di rivolta contro l'oppressione, la stessa degli eroi storici che si batterono contro la tirannia. In un certo senso alla Resistenza ci si avvicina moltissimo, cercando di leggerla nella fisionomia storica della città. Poi però la si destoricizza, la si inserisce in un contesto morale, se ne fa un momento dello spirito di libertà e di giustizia universale.
Insomma: ancora una volta la Resistenza diventa pretesto, anche se questa volta il discorso politico sul quale la si ritaglia è quello molto originale di La Pira, che proprio nelle città, con le loro specificità e peculiarità, ha uno dei suoi punti forti. In quella stessa occasione, riprendendo un discorso più tradizionale, tan- to Boniforti quanto Fabiani contrappongono gli esiti deludenti della Resistenza alle grandi speranze che aveva suscitato. Proprio il giorno prima i neofascisti avevano lanciato un razzo tricolore nel luogo dove avrebbe dovuto tenersi la manifestazione38.
Il 25 Aprile e il governo Tambroni Forse anche a causa del lungo periodo di commissariamento prefettizio del Comune le celebrazioni della Resistenza nel corso della seconda metà degli anni cinquanta appaiono sotto tono39, e bisogna aspettare il 1960, con il governo Tambroni, perché la tensione della scena politica, come di consueto, si riverberi sulle celebrazioni resistenziali. Il 25 aprile di quell'anno la manifestazione presenta caratteri nuovi, perché la Resistenza appare per la prima volta come un'epopea che non solo deve essere celebrata, ma il cui significato deve essere trasmesso alle nuove generazioni: per questo alle celebrazioni partecipano le associazioni giovanili dei partiti40; per la Celebrazione della resistenza a Firenze prima volta, o, almeno: per la prima volta viene così intensamente sottolineata la loro presenza.
Il giorno prima «L'Unità del lunedì»41, annunciando la manifestazione, ave- va affermato che essa assumeva «un significato ed una importanza particolari nel momento in cui è in corso nel paese la massiccia offensiva scatenata dalla destra economica e clericale nel tentativo di imprimere una svolta reazionaria alla vita politica italiana». Durante la manifestazione, Ragghianti afferma che a distanza di quindici anni dalla Liberazione «la costituzione è in gran parte inattuata ed oggi ci troviamo di fronte ad un governo apertamente appoggiato dai fascisti»42.
Nel pomeriggio, nonostante la pioggia battente, «centinaia di cittadini, di partigiani, di giovani, di combattenti» assistono al comizio di Fabiani43, Merlini, del comando della brigata Pio Borri e Boniforti44 in Piazza della Signoria. Fabiani sottolinea l'unità della Resistenza, e contrappone l'antifascismo al nuo-vo governo appoggiato dal MSI45. Poi parla della necessità di realizzare il detta-to della carta costituzionale46. Boniforti, infine, ribadisce «la irreversibilità della lotta partigiana e della Carta Costituzionale. È necessario però essere vigilanti e difendere questo patrimonio prezioso insidiato continuamente dalle forze della reazione e del fascismo purtroppo ancora vivo, con manifestazioni inquietanti nel corpo del paese»47.
Il 25 aprile, «L'Avanti!» ha ben cinque pagine interamente dedicate alla Resistenza tra le quali tutta la prima pagina. Sulla liberazione di Firenze, tuttavia, c'è solo uno scritto di Raffaele Ramat48.
La crisi Tambroni era stata in luglio, il 7 di quel mese erano stati falciati i dimostranti di Reggio Emilia e l'ondata di indignazione era stata enorme. Per questo l'anniversario dell'11 agosto 1960 vede una forte ripresa delle celebra-zioni della Resistenza. Le manifestazioni si arricchiscono e si complicano: si fa di nuovo suonare la Martinella, come al tempo dell'insurrezione; si depongo-no corone di fiori; si consegnano medaglie d'oro. Si proietta un documentario inglese sull'11 agosto '44, ma si è delusi perché nel film i partigiani appaiono appena: «[…] dispiace che, nel corso del documentario, solo due volte e per caso, si intravvedano i combattenti della libertà, laceri ma fieri, che passano per le strade piene di macerie e illuminate dalla luce di un agosto caldissimo [.]»49. La memoria si affievolisce: per questo si proietta il filmato inglese e per questo su «L'Unità» compaiono per la prima volta fotografie, oltre che della celebrazione, anche della liberazione di Firenze. «L'Unità», inoltre, pubblica in tre puntate un racconto testimoniale sull'11 agosto del 194450.
La Camera del lavoro e il PSI, come anche il PCI e la FGCI, pubblicano ma- nifesti nei quali la Resistenza celebrata l'11 agosto viene strettamente collegata alle lotte di luglio contro il Governo Tambroni. La stessa interpretazione trovia-mo nelle pagine de «L'Avanti!», dove si denuncia il mancato varo del governo di centro-sinistra, che pareva imminente fino a poco prima51.
Gli anni del centro-sinistra La tendenza ad utilizzare il discorso resistenziale per sottolineare momenti salienti della vita politica continua negli anni del centro-sinistra. Nei discorsi degli oratori comunisti, infatti, cominciano ad affiorare paragoni tra la guerra di libera-zione a Firenze e la lotta di liberazione dei popoli oppressi dal colonialismo e dai regimi fascisti. Nell'aprile del '65, per esempio, Fabiani invia «un saluto a tutti i popoli che nella Spagna, in Africa, in Asia combattono per la loro indipendenza»52.
Oltre a stabilire paralleli con le lotte di liberazione, si inizia a rivendicare una differenza all'interno della Resistenza stessa, una gerarchia tra chi ha combattu-to, chi ha solo cospirato, chi non ha fatto né l'una cosa né l'altra: così, sempre nell'aprile del 1965, lo storico Franco Catalano parla dei contrasti all'interno dei CLN, e tra CLN ed Alleati. Il discorso ha un bersaglio polemico nella DC, ed in-fatti non viene gradito «dai consiglieri democristiani e liberali, che al termine del discorso del professor Catalano non si sono uniti al prolungato e caldo applauso degli altri consiglieri e del pubblico»53.
Negli anni sessanta sembra inoltre rafforzarsi la preoccupazione di una per- dita della memoria, che talvolta si manifesta negli stessi articoli dei giornali che la denunciano: l'11 agosto 1965 il 21° della Resistenza si celebra in piazza d'A-zeglio, dove viene scoperta una nuova lapide in onore dei martiri di Radio Cora, dato che alcune settimane prima i fascisti avevano distrutto la targa inaugurata l'anno prima54. Chi parla è Pirricchi, partigiano55, che ricorda i martiri medaglie d'oro della Resistenza, ma l'articolista che riporta il discorso compie un errore che sta forse a significare che ormai i nomi dei martiri cominciano a non es-sere più immediatamente presenti: Lanciotto Ballerini si sdoppia in Lanciotto, Ballerini; leggiamo, infatti: «le medaglie d'oro Potente, Chianesi, Lanciotto, Ballerini.»(corsivo mio). Quattro mesi prima, su «Il pioniere dell'Unità»56, si era bandito un concor- so a premi. Sarebbe stato premiato (soprattutto con giocattoli di fabbricazione sovietica: orologi Poljot, matriosche, modellini delle astronavi Vostok, ecc.)57 chi fosse stato capace di dire quale fosse «il nome di battaglia di Aligi Barducci, l'eroico comandante della Divisione Arno, caduto alla vigilia della liberazione di Firenze, alla testa dei suoi partigiani»58. Durante gli anni del centro-sinistra gli anniversari sembrano conoscere sui giornali un'accoglienza amplificata, rispetto ai primi anni. Per il ventesimo an-niversario «L'Unità» dedica articoli a tutta pagina, il 24 e il 25 aprile, alle cele-brazioni della Resistenza. In una pagina un grande disegno di Guttuso, in rosso e nero, mostra del sangue e del filo spinato che, con metamorfosi proteiforme, evolve in rose rosse59.
In occasione del 20° anniversario, Comune e Provincia di Firenze editano una brochure dedicata ai giorni dell'agosto del '44, fortemente illustrata e ca- Celebrazione della resistenza a Firenze ratterizzata dal nuovo tipo di montaggio fotografico inaugurato proprio negli anni sessanta: gigantografie, foto su due pagine, particolari ripetuti in dimensio-ni variabili, diverse coloriture delle immagini nella stessa pagina. Proprio grazie alle fotografie il volume ottiene il risultato (voluto? involontario?) di ‘forare' la consueta astrattezza del rito di commemorazione, di ridurre lo spazio per una metalettura della Resistenza fiorentina, riportando Firenze al centro dello spazio celebrativo. Compaiono per la prima volta tutte insieme le immagini dell'insur-rezione, dei fascisti, dei ponti fatti saltare, degli alleati che entrano in città, dei partigiani che sparano ai franchi tiratori.
Tuttavia quella metalettura riprende poi nel corso degli anni successivi: nell'aprile del '6860 La Pira parla, più che della Resistenza, del Vietnam che ha provocato «la collera dei poveri (rivolte dei negri degli Stati Uniti e nel terzo mondo) e la rivolta dei giovani nelle università di tutto il mondo»61. Barbieri denuncia «l'aggressione imperialistica americana nel Vietnam e l'azione che gli Stati Uniti hanno svolto e svolgono a sostegno dei regimi fascisti» e poi rileva come alcuni impegni fondamentali della Costituzione, «che erano stati motivi di fondo della Resistenza, siano stati disattesi». Lo storico Giorgio Spini, infine, sollecita «una politica estera che prenda decise iniziative contro i regimi fasci-sti», e chiede «una effettiva democratizzazione delle strutture statali, a partire dall'esercito, per evitare che si ripetano episodi come quello del luglio '64»62.
Gli anni Settanta, la contestazione e il terrorismo Tuttavia gli studenti ricordati nel '68 da La Pira danno poi vita ai gruppi extraparlamentari di sinistra, fortemente polemici nei confronti della sinistra ufficiale, ed in special modo nei confronti del PCI. Così, nel corso delle celebra-zioni dell'aprile 1972, Giancarlo Cecchi, partigiano figlio del partigiano caduto Guido, legge un messaggio del comitato unitario antifascista, dove si sottolinea la necessità di un forte impegno antifascista e poi si continua sostenendo che […] le lotte giovanili rischiano, per il loro frantumarsi in frange estremiste, di creare il terreno per delle provocazioni che favoriscono oggettivamente i piani eversivi della destra fascista. I giovani, con i loro generosi impulsi, debbono convincersi che la forza capace di vincere sta nella disciplinata unità di tutto il La necessità di distinguere la Resistenza da quella propugnata dai movimen- ti giovanili contestativi porta il Comitato regionale toscano, che raccoglie i partiti dell'arco costituzionale e le associazioni legate alla Resistenza, ad organizzare celebrazioni che mostrano una Resistenza fortemente istituzionale. In occasione del trentennale, il 21 e 22 settembre, si decide di organizzare una grande manife-stazione, nella quale è dominante la presenza delle forze armate64.
Su «L'Unità» del 23 settembre si parla di un corteo di duecentomila persone, lungo tre chilometri65, che si conclude allo stadio comunale; mentre nella pubbli-cazione dedicata all'avvenimento66 si scrive del grande raduno seguito dallo «sfi-lamento» di 36.000 persone67. Tra gli oratori68, Gabbuggiani ricorda il primato di Firenze, che per prima si liberò con l'insurrezione69: questa rivendicazione, che riporta esattamente la specifica esperienza di Firenze nella Resistenza, diventerà abituale negli interventi di Gabbuggiani degli anni seguenti. Andreotti, ministro della difesa, costruisce il suo intervento su una pregevole selezione di brani dalle lettere dei condannati a morte della Resistenza.
Se nel 1974 l'immagine della guerra di liberazione era stata così fortemente istituzionale, già l'anno dopo, durante la celebrazione del 25 aprile 1975, la rottu-ra tra sinistra tradizionale e sinistra extraparlamentare è clamorosa. La settimana prima, durante una manifestazione, era stato ucciso a Firenze Rodolfo Boschi, comunista. Si era parlato di provocazione da parte dell'Autonomia operaia ma Lotta continua conduce un'inchiesta, poi ripresa dalla magistratura, sulle ‘squa-dre speciali' che sarebbero intervenute durante la manifestazione e sarebbero state responsabili della morte di Boschi.
Lotta continua organizza una manifestazione separata per il 25 aprile: […] migliaia di compagni si sono raccolti in piazza Santa Croce ad ascoltare canti di lotta, l'intervento di un partigiano70, le notizie sulla controinchiesta per l'assassinio di Rodolfo Boschi. Lotta continua è stata l'unica organizzazione po- litica ad assumere un'iniziativa pubblica per il 25 aprile. Le forze politiche tra- dizionali hanno preferito smobilitare, dopo una squallida e frettolosa cerimonia mattutina: troppo vivo è ancora il ricordo di queste giornate di antifascismo mi- litante. Nel corso di una manifestazione cui partecipavano folti gruppi di soldati è intervenuto il compagno Adriano Sofri [.]71.
Sofri attacca i partiti del governo per il progetto di far passare le «misure di polizia preparate da Fanfani» (era ancora fresca la campagna Lotta continua contro il «Fanfascismo») ed attacca anche il PCI, che «invece di assumere un atteggiamento fermo di rifiuto di questo organico progetto di legge fascista […] ha continuato a dichiarare la sua disponibilità, e si è limitato a chiedere che esse vengano discusse ed emendate in parlamento, e non in commissione». Definisce Boschi «il primo caduto antifascista in questa città dalla liberazione ad oggi».
La celebrazione ufficiale, da Lotta continua definita una «squallida e fret- tolosa cerimonia», segue il consueto andamento72; sono presenti delegazioni dell'URSS, della RDT e della Francia. Durante la cerimonia, Gabbuggiani parla delle trame nere, del ruolo della Toscana nel progetto eversivo fascista, della necessità, però, di «isolare qualsiasi provocazione ed ogni violenza di gruppi o di Celebrazione della resistenza a Firenze individui che, indipendentemente dalla etichetta politica, vanno a vantaggio del-la destra». Nessuno fa riferimento esplicito alla manifestazione extraparlamen-tare di Santa Croce, anche se Colzi, del PSI, afferma che «non esistono opposti estremismi, il pericolo è uno solo e viene da destra».
Quattro anni dopo, le celebrazioni dell'aprile 1978 si svolgono mentre Aldo Moro è prigioniero delle Brigate Rosse, escono le sue lettere sui giornali, si svolge un braccio di forza tra i terroristi, che vogliono un riconoscimento come combattenti, e lo Stato, che non intende in alcun modo concederlo. E altri conflitti hanno luogo all'interno dei partiti dell'arco costituzionale, con il PSI più propenso a salvare la vita di Moro anche a costo di un cedimento sui principi, e il PCI e la DC rigidi invece nel negare ogni forma di riconoscimento ai brigatisti rossi.
Ancora una volta, quindi, la Resistenza entra come metafora che rafforza quanto si sostiene nella tragica contingenza del rapimento e dei ricatti terro-ristici: Non è stato un rito, una celebrazione formale: la gravità del momento, la con- sapevolezza che l'emergenza richiede a tutti una grande mobilitazione unitaria hanno trasformato la cerimonia in una testimonianza di coscienza democratica. Il tema dominante è emerso subito nelle parole del sindaco Gabbuggiani: quello dell'infame ricatto delle Brigate Rosse che lo Stato, teso con tutte le forze a salvaguardare insieme ai suoi fondamenti e la vita dell'onorevole Moro, respin- ge con dignità e con forza […]. Anche le forze armate – ha affermato nel suo significativo intervento il comandante della regione militare Tosco Emiliana ge- nerale Barbasetti di Prun - riaffermano la loro fedeltà democratica, si ritrovano oggi, come nei giorni duri ed esaltanti della Resistenza, unite più che mai alla Dopo il 1978 muta rapidamente il clima politico con la crisi progressiva della sinistra extraparlamentare, due anni dopo ribadita dalla crisi operaia: la «marcia dei quarantamila», infatti, infligge agli operai della Fiat74 un colpo dal quale non si riprenderanno più. Nel corso degli anni del disimpegno che carat-terizzano il decennio Ottanta anche le celebrazioni della Resistenza tornano in un ambito molto istituzionalizzato e perdono visibilità.
Quando un nuovo interesse per la Resistenza si manifesterà, negli anni Novanta, si terrà lontano dai riti celebrativi. La nuova curiosità, al tempo stesso storiografica e politica (emblematica l'improvvisa fioritura di studi dedicati ai massacri di civili), tenderà infatti a decostruire gran parte dell'immagine mitica che si era venuta formando intorno alla Resistenza; e insieme cercherà di recu-perare i caratteri di quell'esperienza, che rischiavano di divenire incomprensibili per le moltissime trasformazioni, vere mutazioni antropologiche, intervenute in mezzo secolo di storia repubblicana. 1 Sulla memoria della Grande Guerra vedi il magistrale lavoro di J. Winter, Il lutto e la memoria. La grande guerra nella storia culturale europea, Bologna, Il Mulino, 1998. 2 Cfr. F. Dei, Riti e simboli del 25 aprile. Un'introduzione; A. Simonicca, Un album del 25 aprile senese. Commenti visuali e commenti culturali; C. Rosati, Il 25 aprile. Storia di una festa precaria; tutti e tre i saggi sono usciti in F. Dei (a cura di), Riti e simboli del 25 aprile. Immagini della festa della Liberazione a Siena, Roma-Siena, Meltemi-Istituto storico della Resistenza senese, 2004. Vedi anche il fondamentale testo di M. Ridolfi, Le feste nazionali, Bologna, Il Mulino, 2003 e C. Cenci, Rituale e memoria: le celebrazioni del 25 aprile, in L. Paggi (a cura di), Le memorie della Repubblica, Firenze, La Nuova Italia, 1999. Della stessa autrice: La festa nazionale della II Repubblica, in S. Bertelli (a cura di), Il teatro del potere. Scenari e rappresentazioni del politico tra Otto e Novecento, Roma, Carocci, 2000.
3 F. Focardi, La guerra della memoria. La Resistenza nel dibattito politico italiano dal 1945 a oggi, Roma-Bari, Laterza, 2005. 4 R. Chiarini, L'ultimo fascismo. Storia e memoria della Repubblica di Salò, Venezia, Marsilio, 2009.
5 Cfr. F. Dei, Riti e simboli del 25 aprile cit., p. 7.
6 Cfr. M. Ridolfi, Le feste nazionali cit., p. 207.
7 Cfr. C. Rosati, Il 25 aprile cit., pp. 71 e 74.
8 Ivi, p. 211.
9 Cfr. F. Dei, Riti e simboli del 25 aprile cit., p. 19.
10 Gino e Emirene Varlecchi, Potente. Aligi Barducci comandante della divisione "Arno", a cura di M.A. e S. Timpanaro, Firenze, Libreria Feltrinelli, 1975. Su Barducci vedi anche Mauro del Lillo, Potente e la guerra partigiana e M. Morandi, Barducci Aligi "Potente" (quest'ultimo è un cd-rom), entrambi comparsi in una pubblicazione a cura del Comune di Firenze, 2002.
11 Una ricerca che sto conducendo a Campi insieme ad Alvaro Biagiotti rimanda continuamente l'immagine ‘mitica' di Lanciotto: Lanciotto che sfamava i poveri distri- buendo cartocci di carne di pecora (nella Campi che aveva fatto delle macellazioni di pe- core clandestine uno stile di vita anche lui macellava pecore di contrabbando) o percor- reva il paese lasciando alle famiglie bisognose i pesci pescati, a mani nude, nel Bisenzio; Lanciotto sempre pronto ad intervenire in difesa dei deboli (soprattutto se campigiani) come un antico cavaliere; Lanciotto leader indiscusso dei giovani di Campi, tanto da de- cidere quanto dovesse pagare ciascun membro del gruppo per le consumazioni al bar; e poi, capo partigiano che, accerchiato dai fascisti, si lancia in salita tirando bombe a mano e cade per proteggere la ritirata dei ‘suoi' ragazzi… Del resto questa trasformazione di un eroe popolare in santo laico non interessa solo Ballerini: si pensi alla memoria di Pietro Gori presso gli anziani intervistati da Rossi e Liberovici all'Elba e sul litorale livornese negli anni settanta; oppure a Comasco Comaschi a Cascina, nelle interviste da me raccolte all'inizio del decennio novanta, insieme ad Angela Parini.
12 Ma poi venne rifusa e suonò di nuovo dopo Lepanto. Devo le informazioni a Paolo de Simonis.
13 Le autorità sono: «il Prefetto, il vicesindaco Fabiani per il Sindaco, il presiden- te del CTLN Max Boris, il procuratore generale della corte d'Appello dott. Meloni, il comandante militare territoriale gen. De Simone, il questore, il comandante della divi- sione "Folgore" gen. Priolo, il comandante del presidio Gentile Ficalbi, il prof. Valeri per il rettore dell'Università, numerose altre personalità cittadine e i rappresentanti delle Associazioni e dei Partiti. Sulla tribuna erano pure i consoli americano ed inglese e i fa- miliari dei caduti per la lotta di liberazione: prestavano servizio d'onore i valletti e i trom- bettieri del comune, della Provincia e dell'Università con i rispettivi gonfaloni. Davanti al Celebrazione della resistenza a Firenze podio erano schierati i partigiani con le bandiere dell'ANPI e delle brigate». «La Nazione del Popolo», 26 aprile 1946, La celebrazione fiorentina dell'anniversario della liberazione. 14 Editoriale La battaglia di Firenze, «Il Ponte», I (1945), n. 5, agosto. Il corteo, nel '46, ha questo itinerario: Piazza Signoria, via Calzaioli, via Martelli, via Cavour, Piazza S. Marco, via Lamarmora. «L'Unità», 24 aprile 1946, aveva anticipato un seguito per le ce- lebrazioni: alle 21, alla Loggia degli Uffizi, sarebbe stato proiettato un film documentario sulla Liberazione; alle 21 si sarebbe tenuta una festa danzante popolare all'aperto. Nello stesso giorno era in corso alle Murate una rivolta dei fascisti imprigionati. Erano, questi, anche i giorni in cui era sparito dalla sua tomba il corpo di Mussolini. 15 «La Nazione del Popolo» , 12 agosto 1946.
16 «L'Unità», 11 agosto 1946. 17 «L'Avanti!», 25 aprile 1948. Così continua l'articolista: «[…] il partito di governo ha pensato bene di proibire ogni manifestazione pubblica e relegarla al chiuso […]. A Firenze la trionfante - non nella nostra circoscrizione - D.C. si è riservata di commemo- rala, per suo uso e consumo, nel chiuso di un teatro cittadino dove parlerà il segretario del loro Partito. Così dichiarano di celebrare la vittoria "della libertà". Quale, domandia- mo noi?. l'ANPI la commemorerà austeramente nel salone dei Cinquecento in Palazzo Venezia». Poi ricorda la Liberazione, i giovani caduti, «ma la vecchia fatale classe dirigen- te è là, pronta a confinare questi elementi autentici di eroismo del popolo nel limbo delle avventure, pronta a costruirsi per sé il monopolio del patriottismo, attraverso la storia truccata che da troppi anni si insegna ai giovani nelle scuole […] e così è avvenuto ancora una volta. I garibaldini di Garibaldi, auspici i Savoia, furono umiliati e messi in soffitta, come volevano mettere e vorrebbero ora mettere in soffitta il "Sole dell'avvenire" e come oggi - auspice la DC e cioè il clerical fascismo - i partigiani nostri di Pertini, di Parri, di Longo, ecc. non possono liberamente commemorare la liberazione e sono messi al bando come elementi perturbatori». Poi, dopo aver vantato il trionfo del Fronte popolare in Toscana, si esorta: «ebbene, compagni, festeggiamola nell'intimo delle nostre case, delle nostre sezioni e ricordiamoci che il Socialismo "passa e passerà" per la salvezza della democrazia italiana e del popolo lavoratore». 18 «L'Unità», 27 aprile 1948. Ecco una versione più completa dell'articolo, intito- lato A perenne vergogna di un governo asservito allo Straniero. Malgrado le faziose di- sposizioni di Scelba popolo e partigiani celebrano il 25 Aprile. «La giornata di domenica avrebbe dovuto essere dedicata al ricordo della gloriosa insurrezione popolare di aprile: le proibizioni faziose del ministro Scelba il quale si è valso di un decreto di circostanza emanato per il periodo elettorale, hanno impedito che il popolo fiorentino manifestasse apertamente, come era suo desiderio, la fierezza di aver vissuto attivamente un recente passato di gloria». Poi l'articolista descrive la manifestazione, che inizia al Salone dei Cinquecento, che «appariva gremito di partigiani, volti noti e cari a tutta la cittadinanza, e di popolo che per tempo si era assicurata la possibilità di essere presente alla mani- festazione. I partigiani cantavano e ognuno in cuor suo riandava al tempo in cui tutti, anche i sostenitori del servilismo democristiano, salutavano per le vie delle città italiane i rossi fazzoletti, i volti bruni e segnati dalla sofferenza della migliore gioventù italiana e le armi liberatrici dei partigiani [.]». Parla il sindaco Fabiani (Boldrini avrebbe dovuto parlare in Piazza della Signoria) e vengono decorati di medaglia d'oro al valor militare alla memoria Bruno Fanciullacci, Adriano Gozzoli; di medaglia di bronzo alla memo- ria Giorgio Gaudio; di medaglie d'argento Otello Berti e Furio Scampoli; di medaglia di Bronzo Aldo Fagioli. Poi ci si reca («L'Avanti!», 26 aprile 1948) «in ordine sparso cantando gli inni della Patria, al Cimitero dei Semplici al monumento di Piazza Unità Italiana e a Villa Triste, ove furono seviziati molti antifascisti e patriotti, a deporre corone in memoria dei fratelli caduti nella lotta clandestina e di liberazione. Nessun incidente, nonostante l'apparato di forza pubblica più o meno visibile, ha turbato l'ordine e solo si deve rilevare la arbitraria proibizione, da parte del Questore, dell'affissione di un manifesto commemorativo del Fronte Democratico Popolare in aperto contrasto con la nuova Costituzione Italiana». 19 Il cambio di testata significa in realtà che il quotidiano si trasforma completamen- te, tornando ad essere un giornale conservatore.
20 I partigiani commemorano l'anniversario della liberazione, «La Nazione italiana», 26 aprile 1948.
21 «L'Unità», 8 agosto 1948, L'anniversario della liberazione di Firenze. Il comune invita i cittadini alla celebrazione della ricorrenza. 22 E cioè: messa in Duomo, poi corteo in Piazza della Signoria dove si scopre una lapide con i nomi dei caduti, poi consegna di medaglie al valor civile a chi ha portato soccorso ai feriti durante la battaglia di Firenze. Infine il corteo si reca al giardino dei Semplici a deporre una corona di alloro nel cimitero partigiano. «L'Unità», 10 agosto 1948, Il popolo non ha dimenticato il grande giorno. Il 4° anniversario della liberazione è stato commemorato solennemente a Firenze. 23 Arrigo Boldrini, comunista, durante la Resistenza capo militare del CLN di Ravenna, comandò poi la 28° Brigata Garibaldi Mario Gordini e fu uno dei massimi realizzatori della ‘pianurizzazioneì' della Resistenza. Dopo la guerra venne insignito della medaglia d'oro al valor militare. Il suo nome di battaglia, Bulow, in ricordo di F.W. von Bulow, si spiega proprio con le sue straordinarie doti di militare. 24 Il presidente dell'ANPI polemizza poi con coloro che si scagliano contro i parti- giani chiamandoli «pretoriani» e avventurieri. «Noi fummo sì pretoriani, ma pretoriani per la libertà, la democrazia e la Repubblica al fianco del popolo». Ibidem. 25 «L'Unità», 23 aprile 1953: «[…] si è appreso ieri sera che il questore ha notificato all'on. Dino Saccenti, presidente dell'ANPI, il divieto di celebrare l'anniversario del 25 aprile con un corteo e con un comizio, come era stato programmato dalla Associazione dei partigiani. Il comizio indetto per le ore 10.30 di sabato 25 aprile sarà tenuto dal compagno sen. Pietro Secchia, dirigente del Comitato Nazionale dell'Alta Italia. Diciamo "sarà tenuto" perché evidentemente il Questore ha dimenticato che in periodo di campa- gna elettorale è fatto espresso divieto ai funzionari di P.S., come a chicchessia, di impedire il regolare svolgimento dei comizi da parte degli oratori di qualsiasi partito od organiz- zazione. Il Questore, infatti, ha precisato nella sua ordinanza che il divieto doveva inten- dersi applicato ai sensi dell'art. 21 del Testo Unico delle leggi di P.S. e cioè per ragioni "di ordine e sicurezza pubblica", nonché di "viabilità" e di "traffico"; ed ha dimenticato (diciamo noi) che durante la campagna elettorale, almeno, quella comoda disposizione di legge fascista è inoperante. Il comizio, pertanto, non può essere vietato ed avrà quindi luogo in ogni caso». 26 «L'Unità», 24 aprile 1953. Si torna sul divieto del comizio di Secchia: «[…] in considerazione dello sdegno che la notizia stava sollevando nell'opinione pubblica, la Questura ha dovuto tornare sulle proprie decisioni». Poi si annuncia il programma della manifestazione: comizio di Secchia alle 10.30 e successivamente deposizione di corone d'alloro al monumento ai caduti in piazza dell'Unità italiana. 27 Ibidem.
28 Giorgio La Pira, sindaco democristiano, durante i suoi due mandati (1951-1958 e 1961-1965) fu particolarmente attento alle questioni sociali, si occupò dei poveri e degli sfrattati, realizzò importanti piani di edilizia popolare e di edilizia scolastica; intervenne in favore dei lavoratori in occasione di crisi e licenziamenti. Fu particolarmente inviso ai 29 «L'Avanti!», 26 aprile 1953, Una grande manifestazione per l'VIII della Liberazione. L'articolista riassume il discorso di Secchia: chiede il voto, a nome dei partigiani, per la prossima consultazione elettorale. Attacca il governo: «[…] l'azione degli uomini del governo è stata invece in questi ultimi anni tutta tesa a negare la Resistenza ed a dimen- ticare gli impegni pur tuttavia solennemente assunti nel clima eroico della Liberazione, nel nome dei caduti nella lotta per dare vita a quel regime di "democrazia zoppa" nella quale si è permesso che le industrie salvate dalla distruzione tedesca fossero oggi distrutte dalla smobilitazione e nella quale prospera solo la disoccupazione e la miseria e nella Celebrazione della resistenza a Firenze quale si permette che un nuovo padrone al di là dell'oceano regoli la nostra vita sociale […]». Poi l'articolista, dopo la polemica con La Pira per il labaro, parla dell'iniziativa a Porta a Prato nel pomeriggio, dove Ferdinando Targetti, socialista e membro dell'assem- blea costituente, scopre una lapide dedicata ai caduti del rione durante la guerra. Sono presenti alla manifestazione il pastore della chiesa evangelica, «che ha invocato la bene- dizione di Dio sul rione, sulla patria, per proteggerla da una nuova guerra»; il rabbino della Comunità israelitica, l'associazione combattenti, una rappresentanza della provin- cia, dell'associazione mutilati, un assessore del comune di Firenze, «i rappresentanti dei partiti» (non si precisa quali). 30 Sul numero del 25 aprile de «L'Avanti!», troviamo un trafiletto dal titolo Le ce- lebrazioni alla Galileo: gli operai si riversano «sul piazzale antistante la lapide ricordo dei gloriosi caduti e nel loro nome ha avuto inizio la manifestazione celebrativa, indetta dalla FLOG e dal gruppo aziendale ANPI». Partecipa anche una rappresentanza della direzione della fabbrica. Parla La Pira, accennando alle difficoltà produttive dell'azienda ma tranquillizzando riguardo al futuro. Il giornale ha poi un'intera pagina intitolata Viva la Resistenza e, in cronaca di Firenze, un articolo su tre colonne - Solenne celebrazione del 25 aprile a Firenze e in tutti i centri della provincia - denuncia l'involuzione «che si è gra- dualmente operata nel nostro paese e che ha portato, dal clima eroico della liberazione, ad una atmosfera di nuovo "regime" antidemocratico». Parla poi di tradimento che ha portato nuova disoccupazione e miseria, di una provincia tartassata, etc. Sulla storia e il ruolo delle officine Galileo vedi il mio Memoria e Storia. Le officine Galileo nel racconto degli operai, dei tecnici, dei manager, Milano, Franco Angeli, 1985. 31 «L'Unità», 26 aprile 1953, I fiorentini hanno solennemente riaffermato la loro fe- deltà agli ideali della Resistenza. Descrive un Palazzo Vecchio tutto imbandierato «e il tricolore nazionale sventolava sulla Torre di Arnolfo: testimonianza che dello spirito an- tifascista dei fiorentini deve tener conto anche l'Amministrazione clericale presieduta dal prof. La Pira; ma dietro la facciata deve nascondersi chi in realtà sente ormai di non aver più nulla a che fare collo spirito della Resistenza e dell'antifascismo, se anche ieri, come l'anno scorso, il gonfalone del comune, il quale pure è fregiato della medaglia d'oro con- quistata dai fiorentini nelle splendide giornate dell'insurrezione cittadina, non è compar- so là nella folla dei cittadini che insieme coi partigiani esaltava acclamando il commissario generale delle brigate Garibaldi, Pietro Secchia […]». Alla manifestazione sono presenti il gonfalone della Provincia, le bandiere del Corpo Volontari della Libertà e del Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, dell'ANPI, della CdL, delle formazioni che liberarono Firenze, del PCI, dell'ANPPIA, dell'Associazione mutilati. 32 «L'Unità», 12 agosto 1953, Tutte le forze del CLN celebrano unite l'11 agosto. Nella stessa pagina viene pubblicata una foto con questa didascalia: «Fotografia del gonfalone del comune che viene condotto alla celebrazione della Liberazione di Firenze».
33 In un tale quadro di «doveroso e significativo slancio unitario per la celebrazione dell'11 agosto», continua «L'Unità», «particolarmente odioso è apparso l'ordine della questura di defiggere il quadro commemorativo dell'eroica morte del partigiano Potente esposto in piazza S. Spirito», eseguito dai vigili urbani suscitando lo sdegno della popo- lazione. Si proietterà Achtung banditen nei locali della CdL. «L'Unità», 10 agosto 1953. 34 Il comitato promotore delle celebrazioni ha l'adesione dell'Associazione nazionale partigiani d'Italia, dell'Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra, dell'Associa- zione nazionale combattenti e reduci, dell'Associazione nazionale ex internati, dell'Asso- ciazione nazionale perseguitati politici italiani, del PRI, del PSI, del PSDI, del Movimento di Autonomia Socialista, della CCdL di Firenze e provincia. «L'Unità», 11 agosto 1953.
35 Poi ricorda i morti e si chiede: cosa volevano? Perché cadevano? Dove guarda- vano? «Senza velleità polemiche dobbiamo tuttavia riconoscere che il loro sogno non è stato ancora realizzato: troppe miserie, troppi disoccupati ci sono, perché non si debba dire che le cose più importanti e più urgenti sono ancora da fare». Poi fa un appello alla pace, esorta a battersi contro «tutto ciò che è meschino, bigotto, fazioso» e per un «uomo riconciliato e finalmente umano». Infine Saccenti chiede al governo che si formerà «un atto di giustizia verso quelle centinaia di partigiani che ancora sono rinchiusi nelle galere colpevoli solo di aver lottato per liberare l'Italia», «L'Unità», 12 agosto 1953. Vedi anche «L'Avanti!», 11 agosto e 12 agosto 1953.
36 «L'Unità», 24 aprile 1955, La Pira, Calamandrei e Fabiani alla "Galileo" hanno celebrato l'anniversario della Liberazione. La Pira afferma che la Galileo «è parte essen- ziale della città e tutti coloro che dettero la loro vita per difenderla meritano la nostra gratitudine». Promette di tornare ogni anno. Calamandrei esalta la Resistenza come se- condo Risorgimento, nel quale al contrario del primo i lavoratori hanno svolto un ruolo fondamentale. Sono presenti anche Bigazzi per la sezione fiorentina dell'Associazione combattenti, Giovannozzi in rappresentanza del Prefetto, il segretario della commissione interna Bartalesi e gli ingegneri Brini, Sperti e i dottori Marconcini e Ferrarese della dire- zione delle Officine Galileo.
37 Per valutare l'originalità e il coraggio della posizione di La Pira rispetto all'atteg- giamento più diffuso tra i cattolici nei confronti della memoria della Resistenza, negli anni della crisi del centrismo che precedono il centro-sinistra, vedi A. Parisella, Resistenza e cultura cattolica nell'Italia repubblicana. Orientamenti e problemi, in G. De Rosa (a cura di), Cattolici, Chiesa, Resistenza, Bologna, Il Mulino, 1997, pp. 737 sgg.
38 «L'Avanti!», 26 aprile 1955, Solenne e commossa rievocazione della Resistenza fra l'entusiasmo dei cittadini in piazza della Signoria. Il programma della manifestazione era stato stabilito da un Comitato presieduto dal prefetto che aveva «diviso in due parti netta- mente distinte la cerimonia commemorativa. La prima parte che si è svolta in Piazza della Signoria e alla quale hanno partecipato i diretti rappresentanti di coloro che la guerra di liberazione combatterono, la seconda in Piazza di Santa Croce e nella quale il rappre- sentante del governo e le alte autorità militari hanno avuto un ruolo di primo piano». In Piazza della Signoria ci sono i partiti che composero il CLN, parlamentari e sindaci di tut- ta la provincia con i gonfaloni dei comuni, i comandanti delle brigate partigiane. Dopo La Pira parla Boniforti, che fu presidente del CTLN, e ricorda il recente convegno di Torino, dal quale è emerso come le speranze del '45 non si siano realizzate nel '55; il processo alla Resistenza, che si è attuato attaccando «l'umile partigiano enucleando la loro azione, per farla apparire infamante, dal clima eccezionale nel quale erano state compiute e si è arrivati a fabbricare documenti e testimonianze per calunniare uomini come Alcide De Gasperi e Ferruccio Parri». Poi parla delle manifestazioni neofasciste: è la prima volta che si parla in modo concreto del pericolo neofascista. Del resto, la notte prima del 25 aprile i neofascisti «che 10 anni or sono erano ancora nascosti nelle fogne» (ibidem, Da parte dei fascisti. Una squallida provocazione) avevano lanciato un razzo tricolore da Santa Croce, luogo della futura celebrazione ‘istituzionale', ed avevano lanciato proprio il giorno 25 manifestini «inneggianti al fascismo e recanti offese ai nostri partigiani». Anche Fabiani, ultimo oratore, parla della delusione delle speranze della Resistenza, della ripresa dei ceti un tempo ispiratori del fascismo, della molta strada che resta ancora da compiere. «La cerimonia si è quindi spostata in piazza Santa Croce dove davanti al sacrato della chiesa erano allineate le salme di 75 partigiani che venivano traslate nel cimitero di Rifredi. In Santa Croce è stata celebrata una messa solenne» davanti alle autorità. Infine, un corteo si reca in piazza dell'Unità per deporre corone di alloro sul monumento ai caduti.
39 Nel 1956, per esempio, la presenza sulla stampa dell'evento è decisamente ridotta: un solo trafiletto su «L'Avanti!», in un articolo complessivo dedicato alle celebrazioni in tutta Italia, 26 aprile 1956, L'undicesimo anniversario della Liberazione. Il 25 aprile cele- brato in tutta Italia. Consegnata la medaglia d'oro a Pertini. «L'Unità» dedica un minusco- lo articolo in Cronaca di Firenze, La celebrazione dell'XI della Liberazione, 25 aprile 1956. Partecipano l'Associazione famiglie caduti partigiani, l'Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra, l'Associazione nazionale combattenti e reduci, l'ANPI, la Federazione nazionale volontari della libertà, l'Associazione partigiani cristiani, la Federazione ita- liana associazioni partigiane, l'Associazione nazionale ex-internati. Si tiene una messa a Orsanmichele, poi parlano in Piazza Signoria La Pira, Fabiani (presidente della pro- vincia) e Renato Zavataro, presidente dell'Associazione nazionale combattenti e redu- Celebrazione della resistenza a Firenze ci. Infine ci si reca in piazza dell'Unità per deporre corone sul monumento ai caduti in guerra. Per l'occasione i partiti hanno deciso di sospendere l'attività legata alla campagna elettorale. Ugualmente ridotto è lo spazio dedicato dai giornali alla celebrazione dell'11 agosto '56. Lo svolgimento è lo stesso della giornata di aprile, senza comizio: dopo la messa a Orsammichele La Pira, il senatore Zoli, ministro del bilancio, ed altre autorità si recano in piazza dell'Unità. Nel pomeriggio il sindaco riceve i partigiani. La sera si tiene un concerto pubblico. 40 Alle dieci di mattina si incontrano con esponenti della Resistenza, al Circolo di Cultura Fratelli Rosselli in piazza della Libertà, le seguenti associazioni giovanili: la fe- derazione giovanile repubblicana, quella comunista, la gioventù aclista, la gioventù fede- ralista, la gioventù radicale, i gruppi giovanili DC, il movimento giovanile socialista, ma anche l'Associazione goliardica fiorentina, il centro giovanile ebraico, il consiglio regio- nale della Resistenza. «Le suddette associazioni hanno diffuso un volantino, nel quale si sottolinea l'adesione delle nuove generazioni ai valori della Resistenza».
41 «L'Unità del lunedì», 25 aprile 1960.
42 «L'Unità» del 26 aprile, In un clima di ritrovata unità celebrata la festa del 25 aprile. Alle dieci, contemporaneamente all'incontro al circolo Rosselli, si celebra una messa in Orsanmichele in suffragio dei caduti della libertà. 43 Mario Fabiani, comunista, fu il primo sindaco di Firenze dopo la Liberazione.
44 Luigi Boniforti dopo la caduta del Fascismo rappresentò il Partito d'Azione, al quale aveva aderito nel 1937, nel Comitato delle opposizioni di Firenze. Durante l'occu- pazione venne arrestato e rischiò la fucilazione.
45 Fabiani «ha subito messo in rilievo come, dopo molti anni, la Resistenza si ripre- senta unita ai fiorentini». «Questa unità – ha proseguito l'oratore – non significa per nes- suno rinuncia all'autonomia e alla libertà di professare diverse impostazioni ideologiche e dottrinarie, ma esplicito riconoscimento della esistenza di una piattaforma comune sulla quale tutti gli schieramenti sinceramente democratici ed antifascisti devono concordare». «L'Unità», 26 aprile 1960. 46 Tema ripreso da Merlini. Ibidem.
47 Boniforti continua dicendo che il Consiglio della Resistenza, «che raccoglie tutte le Associazioni partigiane e resistenti è la garanzia migliore per la prosecuzione della lotta volta a dare all'Italia un contenuto sostanziale e non formale di democrazia». Poi un «imponente corteo con in testa la banda dei vigili urbani» si è recato in piazza dell'Unità. 48 Tratto da Undici Agosto, Firenze, 1945. Cfr. «L'Avanti!» del 25 aprile 1960. «L'Avanti!» del 24 aprile aveva annunciato, per il 25 aprile alle 21.30, una conferenza del prof. Carlo Francovich, direttore dell'Istituto storico della Resistenza, presso il circolo culturale Piero Calamandrei. 49 «L'Unità», 12 agosto 1960: alle sette del mattino, suona la Martinella, la campana del Bargello che aveva dato il segnale d'inizio all'insurrezione. Poi, in mattinata, la solita messa a Orsanmichele e il corteo in piazza dell'Unità: via Orsanmichele, via Calzaiuoli, Piazza Duomo, via Cerretani, via Panzani. Vengono anche deposte corone alla tomba di Adone Zoli, ai cimiteri alleati sulla via Cassia e sulla via Aretina. Alle 18 si tiene la celebra- zione in Palazzo Vecchio, Salone dei Cinquecento; parla Parri, poi si consegnano meda- glie d'oro. Si proietta, infine, un documentario inglese sull'11 agosto '44 . Le celebrazioni continuano anche dopo cena: alle 21, con un concerto dei vigili urbani; alle 21 e 30 con un comizio di Raffaello Ramat, che parla a Coverciano; alle 22 con la partenza da Coverciano di una delegazione che porta corone al monumento ai caduti di Campo di Marte. Poi, alle 22.15, si apre il ballo nella pista "Il buonumore" (presso la Casa del popolo Andreoni). Alle 21, presso la Società di mutuo soccorso di Rifredi era iniziata la proiezione del film Achtung Banditen di Carlo Lizzani. 50 L'ultima su «L'Unità», 11 agosto 1960.
51 «L'Avanti!», 12 agosto 1960.
52 «L'Unità del lunedì», 26 aprile 1965. In cronaca di Firenze, Firenze ha festeggiato solennemente il Ventennale della Liberazione. 53 Ibidem.
54 L'11 agosto 1964, nel pomeriggio, era stata posta una lapide in piazza d'Azeglio, che commemorava i martiri di Radio Cora. La giornata si era aperta con il suono della Martinella del Bargello. In Piazza della Signoria, come diciannove anni prima in occasio- ne del primo anniversario, aveva parlato Ferruccio Parri. Poi era stata la volta di La Pira, che nella Resistenza vedeva l'annuncio di un futuro di «pace e unità tra i popoli di tutto il mondo»: «L'Unità», 12 agosto 1964.
55 Pirricchi pronuncia un discorso dicendo, tra l'altro, che «i partecipanti alla mani- festazione non potevano dimenticare che in Spagna e in Portogallo esistono ancora regimi fascisti che opprimono interi popoli, o che nel Vietnam gli eroici combattenti per la liber- tà si battono per quegli stessi ideali che fecero sollevare il popolo fiorentino.». Ibidem.
56 «Il pioniere de L'Unità», supplemento del giovedì a «L'Unità» del 15 aprile 1965, Concorso a premi. Un eroe della Resistenza. Per partecipare al Concorso dovete dire quel era il nome di battaglia di Aligi Barducci, l'eroico comandante della Divisione Arno, caduto alla vigilia della liberazione di Firenze, alla testa dei suoi partigiani.
57 «I premi. Tra tutti coloro che risponderanno esattamente alla domanda verran- no sorteggiati i seguenti premi offerti dalla Associazione Amici dell'Unità: 1 Giradischi Europhon. 2 Macchine fotografiche. 2 orologi Poljot. 1 Enciclopedia della Fiaba (Editori Riuniti). 5 Album dei canti della Resistenza (contenenti ognuno 5 dischi). 3 Album dei canti della Resistenza (contenenti ognuno 10 dischi). 4 Dizionari dei piccoli (Edizioni La Pietra). 5 Vostok (con movimento a carica). 4 Scatole di acquerelli. 10 Matriosche». 58 Seguiva poi un brano relativo a Potente tratto dal libro Ponti sull'Arno di Orazio 59 Una foto molto più prosaica, che mostra persone ammassate in coda alle poste, ha questa didascalia: In coda per i francobolli della Resistenza alle poste. 60 «L'Unità», 26 aprile 1968, Celebrato il XXIII anniversario della Liberazione. Pace nel Vietnam e rispetto della Costituzione per onorare la Resistenza. La celebrazione inizia la mattina con la messa in Orsanmichele, continua poi con il corteo in piazza dell'Unità. Analoghe manifestazioni si svolgono a Prato, Empoli, Impruneta e Campi Bisenzio. A Campi si scopre una lapide in onore di Antonio Gramsci (una foto mostra poche persone intorno alla lapide). La manifestazione continua il pomeriggio a Piazza Strozzi, indetta dal Comitato Regionale della Resistenza. Introduce Pirricchi, parlano La Pira, Barbieri e Spini. In agosto le celebrazioni si svolgono in modo alquanto opaco: «L'Unità», 12 agosto 1968, Celebrato solennemente il XXIV anniversario della Liberazione della nostra città. La mattina si tiene la messa in Orsanmichele, poi il corteo in piazza dell'Unità, con al ter- mine la deposizione di tre corone di alloro. Presenziano varie personalità, Gabbuggiani (per la provincia di Firenze), il sindaco Bausi, La Pira, Casamassima, Marmugi, Mariotti, Fabiani, Codignola, Zoli, rappresentanze di PCI, PSU, DC. Poi tutti si recano ad un rin- fresco offerto dal sindaco. Il giornale ricorda che il giorno dopo ricorre il XX della morte di Giuseppe Rossi, e descrive la cerimonia che si terrà. 61 In quegli anni La Pira prese ripetutamente posizione contro i massacri che avve- nivano in Vietnam.
62 «L'Unità», 26 aprile 1968.
63 Nel nome dell'antifascismo celebrato il XXVII anniversario della Liberazione, «L'Unità» del 26 aprile 1972. Si tratta di un consistente articolo su cinque colonne in cronaca fiorentina. La manifestazione è promossa dall'Associazione nazionale perseguita- ti politici italiani antifascisti, dall'Associazione nazionale deportati politici in Germania, dall'ANPI, dal Comune. Partecipano «centinaia e centinaia di fiorentini» (ma questi sono anni nei quali le manifestazioni si misurano in migliaia di partecipanti). Dopo Giancarlo Cecchi, che dopo gli avvertimenti agli studenti si rivolge all'esercito, auspica la pace, parla Celebrazione della resistenza a Firenze di «ventesimo anniversario della liberazione (?)», Bausi legge la motivazione del conferi- mento della medaglia d'oro a Firenze. Poi la manifestazione continua con un corteo fino in piazza dell'Unità, dove vengono deposte le corone. Analoghe manifestazioni si svol- gono nella zona del Pignone-Monticello, e poi ad Empoli, Pontassieve, Fiesole, Rufina (a Pomino si scopre un cippo che ricorda gli undici martiri di Berceto).
64 «L'Unità», 20 settembre 1974, Da oggi a Firenze. Partigiani e forze armate celebra- no il 30° della Resistenza. «L'Unità», 21 settembre 1974: Oggi a Firenze l'omaggio delle Forze Armate alla tomba dei caduti per la libertà. «L'Unità», 22 settembre 1974: Oggi a Firenze grande raduno della Resistenza. Sfilano insieme partigiani e forze armate (la settima pagina è interamente dedicata alla Resistenza).
65 «L'Unità», 23 settembre 1974: Duecentomila persone alla grande manifestazione per il trentennale della liberazione. Si parla di una sfilata di tre chilometri.
66 A cura del Comitato regionale toscano, intitolato 30° della Resistenza e della Liberazione, Firenze, 21-22 settembre 1974. 67 Attraverso viale don Minzoni, piazza della Libertà, via Cavour, Piazza Duomo, via Calzaiuoli, Piazza della Signoria. Ibidem.
68 Parlano Giancarlo Zoli, sindaco di Firenze, Elio Gabbuggiani, presidente del on- siglio regionale della Toscana e del Comitato regionale del 30° della Resistenza e della Liberazione, il senatore Albertini, vice presidente del Senato, Andreotti, ministro della 69 In occasione del trentennale, il Comitato regionale toscano edita una piccola bro- chure intitolata Firenze 11 agosto '44 una svolta nella Resistenza italiana, con interventi di Gabbuggiani, Tassinari, Ragghianti; e con foto della cerimonia di consegna di medaglie ricordo a membri del CTLN, del comando regionale CVL e del primo Comando militare 70 Notevole mi pare il fatto che si parli di «un partigiano», senza riportarne il nome: anche la Resistenza, per Lotta continua, è ormai solo un simbolo: «Lotta continua», IV, n. 93, Firenze. La manifestazione di Lotta Continua per il 25 aprile, conto le leggi fasciste di polizia. 71 Ibidem.
72 «L'Unità», 26 aprile 1975, in cronaca Firenze-Toscana, Impegno di lotta e di unità.
73 «L'Unità», 26 aprile 1978.
74 Tra le moltissime pubblicazioni sull'argomento vedi il mio The Rise and Fall of Shop Floor Bargaining at Fiat 1945-80, in S. Tolliday, J. Zeitlin (ed. by), The Automobile Industry and Its Workers, Oxford, Polity Press, 1986.
Source: http://www.storiadifirenze.org/pdf_ex_eprints/annali_2010_03_contini.pdf
After a diagnosis
After a diagnosis Receiving a diagnosis of dementia can be a difficult and emotional time. The diagnosis may come as a shock or it might provide answers to the problems you, or someone close to you, have been having. It can be hard to come to terms with it and know what to do next. Some people might even feel a sense
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Tian, J., et al. "Excess heat" and "heat after death" in a gas loading hydrogen/palladium system. in The 9thInternational Conference on Cold Fusion, Condensed Matter Nuclear Science. 2002. Tsinghua Univ.,Beijing, China: Tsinghua Univ. Press. "EXCESS HEAT"AND "HEAT AFTER DEATH"IN A GAS- LOADING HYDROGEN/PALLADIUM SYSTEM